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Vladimiro Adelmi, brand manager prodotto Coop, Solidal e Vivi Verde. (Foto: Bio Bank/Rosa Maria Bertino)

Distribuzione

Vola il biologico nella Grande distribuzione

A Bologna si è tenuta Marca, unica esposizione italiana del settore: circa venti le insegne rappresentate, oltre 500 i produttori anche conto terzi

di Rosa Maria Bertino – Agricoltura – febbraio/marzo 2016

Era proprio un appuntamento da non perdere quello del 13-14 gennaio scorso con Marca, l’unico appuntamento fieristico italiano sulla marca del distributore, organizzato da BolognaFiere. Una ventina le insegne della grande distribuzione presenti, oltre 500 le aziende che producono anche conto terzi, tre padiglioni pieni di spunti e stimoli sull’alimentazione e non, una vetrina dell'innovazione, convegni ricchi di dati e un vasto pubblico di operatori del settore. Ma soprattutto moltissimo bio. Per la prima volta era presente anche AssoBio, che associa trasformatori e distributori del settore, con un convegno dedicato al biologico come opportunità per la distribuzione organizzata e per le aziende copacker, ovvero i terzisti.

Sempre più bio nei supermercati

Ormai quasi tutte le catene distributive hanno la propria marca dedicata al biologico: Auchan (Auchan Bio), Carrefour (Carrefour Bio), Conad (Conad il Biologico ), Coop (Vivi Verde Coop), Crai (Crai Bio), Despar (Scelta Verde Bio,Logico ), Dico (Biodì), Esselunga (Esselunga Bio), Finiper (iNaturale Bio), In's Mercato (Bio), Pam (Pam Panorama da Agricoltura Biologica), Selex (Natura Chiama Selex Bio, Vale Natura in Tavola Bio) e Sma (Bio Simply).
Molte di queste erano presenti in fiera con un proprio spazio espositivo. Due catene hanno presentato la loro nuova linea bio: Sigma (Bio) e VéGé Retail (Delizie VéGé, declinato sul biologico). Conad ha annunciato un ampliamento significativo della sua gamma.
Ogni insegna aveva "vestito” lo stand con le proprie marche tra biologico, specialità, equosolidale, regionale, senza glutine, baby, ecologico e così via. Molte aziende avevano invece riprodotto le insegne dei supermercati clienti. L’effetto finale era una girandola di marchi e insegne ripetuti all’infinito, quasi un gioco di specchi per tutto lo snodarsi della manifestazione.

I numeri parlano

Un interesse, quello per il bio, sostenuto dai numeri. Da ormai una decina d’anni i consumi di prodotti biologici crescono a due cifre, in controtendenza con il resto del mercato alimentare. Ed è ormai avvenuto il sorpasso delle vendite bio tra supermercati e negozi specializzati: 873 milioni di euro contro 862, in un mercato domestico che vale complessivamente 2.317 milioni di euro nel 2015, secondo dati AssoBio.
Tra il 2001 e il 2015 Bio Bank ha rilevato un’offerta quasi quadruplicata di prodotti bio con la marca dei supermercati: da oltre 600 referenze si è passati a quasi 2.300. Una crescita determinata sia dall’ingresso di nuove catene, sia dall’ampliamento e dall’approfondimento delle gamme esistenti. Nel 2015 tre catene hanno spinto sull’acceleratore con un balzo considerevole di referenze rispetto all’anno precedente: Finiper è passata da 190 a 300, Auchan da 135 a 180 e Crai da 20 a 75.
Fino a pochi anni fa era quasi impensabile quello che oggi è realtà quotidiana. Per esempio trovare sugli scaffali di un supermercato una così vasta scelta di prodotti vegetali alternativi a carni, formaggi e latte, come seitan, tofu e bevande di soia, prima acquistabili solo nei negozi specializzati. Ai prodotti con la marca del distributore si aggiungono poi quelli con la marca del produttore, a formare un’offerta davvero significativa, anche se mai paragonabile a quella di uno specializzato che può arrivare fino a 4mila referenze bio.
Come risulta dai dati Nielsen, tra i prodotti bio più acquistati negli iper e nei supermercati figurano al primo posto le uova, al secondo le composte di frutta, al terzo le gallette di riso. Seguono frutta fresca, bevande alla soia, pasta di semola, alimenti a base di soia, ortaggi e latte fresco. L’incremento medio in valore per le prime quindici categorie è del 18,6%, partendo da un mimino del 4,3% per il latte fresco fino ad un massimo del 47,7% per l’olio extravergine d’oliva.

Un sistema di valori

"I dati sono molto positivi” - ha sottolineato Roberto Zanoni, presidente di AssoBio e direttore generale di EcorNaturaSì, gruppo leader nella distribuzione di prodotti biologici e biodinamici in Italia, che gestisce direttamente o in franchising circa 190 negozi specializzati NaturaSì-. "Ma c’è ancora tanto da fare. Il bio non deve essere solo la nuova frontiera delle vendite: è un sistema anche di valori, rappresenta un’agricoltura in grado di tutelare l’ambiente, la biodiversità, capace di rispondere alle sfide globali. E così dovrebbe essere considerato anche dalla grande distribuzione. L’obiettivo è far comprendere agli operatori e ai consumatori il vero valore del bio, al di là dei volumi e dei prezzi”.
Un concetto ribadito anche da Coop, prima catena distributiva italiana ad inserire l’ortofrutta bio nel 1992 e da quasi una decina d’anni l’insegna con la gamma bio a marca privata più ampia. In tutto 440 referenze, in gran parte a marchio Vivi Verde, ma presenti trasversalmente anche in altre linee come Solidal, Crescendo, Benesì e Fior Fiore.
"La marca privata è una locomotiva che traina i consumi - ha spiegato Vladimiro Adelmi, brand manager prodotto Coop, Solidal e Vivi Verde - e tutti gli operatori ne hanno dei benefici, perché i mercati crescono. Le tendenze che emergono non sono effetto di una moda, sono un nuovo paradigma, un nuovo stile di consumo verso una forma di economia sostenibile. Il biologico funziona come un vero e proprio acceleratore di questo fenomeno con la preferenza per le proteine vegetali, i superfood, i cereali antichi. Tutto questo si estende anche all'area del non food. A partire dalla cosmesi naturale”.
"Abbiamo imboccato la strada del bio già nei primi anni Novanta - ha proseguito Adelmi - perché la cura per le persone, per gli esseri viventi e i processi di collaborazione sono nel patrimonio genetico della cooperazione. Senza collaborazione non c’è cooperazione, senza fiducia non c’è economia sostenibile. E la Regione Emilia-Romagna ha senz’altro contribuito alla diffusione di questa sensibilità. Prima con la lotta guidata, poi con la produzione integrata, che ha favorito la conversione al biologico di tante aziende agricole”.
"La sfida più grande è il futuro” - ha concluso Adelmi -. "Se l'offerta diventa sensibilmente più alta, occorre garantire i prerequisiti necessari, i controlli su tutta la filiera e le garanzie al consumatore, affinché il patrimonio comune costruito in tutti questi anni non si disperda. Si tratta di un mercato, è vero. Ma di un mercato in cui la sostenibilità è il fondamento di tutto, quindi si tratta anche di una condivisione di valori. E le regole devono cambiare”.