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Un sistema di certificazione regolamentato

La certificazione degli alimenti, gli organismi di controllo e i disciplinari privati per l'Italia – di Rosa Maria Bertino – 4 gennaio 2024

Dai pionieri alla legge

I pionieri dell’agricoltura biologica in Europa, partiti nei primi anni Settanta, erano sostenuti da una grande spinta ideale, ma senza alcuna certezza normativa. La prima regolamentazione europea sul biologico è arrivata infatti solo vent’anni dopo, nel 1991, con il regolamento europeo 2092, sostituito nel 2009 dal regolamento 834/2007 e dal 1° gennaio 2022 dal regolamento 848/2018, che consente la certificazione di gruppo per i piccoli produttori o di nuovi prodotti come il sale.

Un corpo normativo complesso, in perenne aggiornamento, compresa l’articolata legislazione nazionale. Ultime tappe la legge 23 del 9 marzo 2022, che regola e incentiva il biologico in Italia, attesa per oltre 15 anni, e i successivi decreti ministeriali che definiscono le modalità operative del Fondo per lo sviluppo della produzione biologica (DM n 658282/2022), l’istituzione dei distretti biologici (DM n. 663273/2022) e la riorganizzazione del sistema di controllo (DM n. 148/2023). Inoltre, il 6 dicembre 2023 la Conferenza Stato-Regioni ha finalmente approvato il Piano d’azione nazionale 2024-2026, passo fondamentale per lo sviluppo del settore. Ancora senza risposta, invece, gli annosi e gravosi problemi della semplificazione burocratica e della digitalizzazione.

Organismi e disciplinari

In Italia sono attivi 19 organismi di controllo, più due per la sola provincia di Bolzano. Il loro riconoscimento avviene da parte del Ministero dell'Agricoltura, sulla base della rispondenza ai criteri di indipendenza, imparzialità, efficacia, competenza e affidabilità. L’accreditamento alla norma tecnica ISO 17065 è invece affidato ad Accredia, che ne verifica l’operato, monitorando nel tempo le loro prestazioni.
Esistono inoltre alcuni disciplinari privati, gestiti da associazioni nazionali, che prevedono criteri più restrittivi rispetto alla normativa. Tra questi Demeter, marchio che identifica i prodotti da agricoltura biodinamica.

Garantito dall’Eurofoglia

Per riconoscere se un alimento è bio il consumatore ha a disposizione l’etichetta, ovvero la carta d’identità del prodotto. Il primo elemento da cercare in etichetta è l’Eurofoglia, il marchio europeo del biologico, obbligatorio dal 1° luglio 2010, formato da dodici stelle bianche su sfondo verde brillante con al centro una cometa. 
Per poter utilizzare l’Eurofoglia i prodotti biologici devono:
• contenere almeno il 95% di ingredienti bio
• essere conformi alle regole del sistema di controllo e certificazione
• indicare se il prodotto è stato coltivato/allevato nel territorio dell’Ue o meno
• indicare il codice dell’organismo di controllo.

Naturalmente questi dati specifici sul biologico si aggiungono a quelli obbligatori per tutti i prodotti alimentari.
A parte i prodotti della caccia e della pesca, acqua, alcuni additivi, vitamine e sali minerali, tutti i prodotti dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’acquacoltura (e anche quelli provenienti da raccolta spontanea) sono certificabili, se conformi alla normativa sul biologico. Normativa che si basa sul rispetto della fertilità del suolo, delle piante, degli animali e dell’ecosistema, escludendo l’impiego di Ogm, concimi, diserbanti, pesticidi e medicinali veterinari di sintesi.

Come leggere le etichette

Per leggere correttamente le etichette occorre conoscere anche le varie categorie di prodotto previste dalla normativa europea:

• prodotti bio non trasformati
Eurofoglia obbligatoria

prodotti costituiti al 100% da ingredienti di origine agricola (es. mele o legumi) esclusivamente biologici.
Il termine "biologico” compare nella denominazione di vendita del prodotto e nell’elenco degli ingredienti, se presente.

• prodotti bio al 95%
Eurofoglia obbligatoria

gli ingredienti bio sono almeno il 95% in peso degli ingredienti di origine agricola (ad es. salsa vegetale).
Il termine "biologico” compare nella denominazione di vendita del prodotto e nell’elenco degli ingredienti.
Gli eventuali ingredienti di origine agricola non biologici devono essere tra quelli elencati nell’allegato IX del Reg. Ce 889/08.

• prodotti con ingredienti bio
Eurofoglia non ammessa

prodotti con uno o più ingredienti bio.
Il termine "biologico” compare solo nell’elenco degli ingredienti, specificando la percentuale totale degli ingredienti bio sul totale ingredienti di origine agricola.

• prodotti della caccia o della pesca con ingredienti bio
Eurofoglia non ammessa
l’ingrediente principale è un prodotto della caccia o della pesca e non può quindi essere certificato come bio. Tutti gli altri ingredienti di origine agricola devono essere però biologici (es. tonno all’olio extravergine di oliva bio).
Il termine "biologico” può comparire nella denominazione di vendita, ma solo in riferimento agli ingredienti bio (nell’esempio l’olio).

• prodotti in conversione
Eurofoglia non ammessa
prodotti composti da un unico ingrediente vegetale coltivato con metodo biologico da almeno dodici mesi.
Il termine "in conversione all’agricoltura biologica” può comparire nella denominazione di vendita del prodotto.

Quando compare il marchio europeo del biologico compare anche il luogo di coltivazione delle materie prime agricole, secondo queste formule:
• Agricoltura Ue, quando la materia prima agricola è stata coltivata nell’Unione Europea;
• Agricoltura non Ue, quando la materia prima agricola è stata coltivata al di fuori dell'Unione Europea;
• Agricoltura Ue/non Ue, quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nell’Ue e parte al di fuori dell'Ue.
L'indicazione Agricoltura Ue o Agricoltura non Ue può però essere sostituita o integrata dall’indicazione di un Paese o di una regione se tutte le materie prime agricole sono state coltivate in quel Paese o in quella regione.

Per finire, dal 2009 l’uso del termine "biologico”, e delle sue abbreviazioni come "bio” ed "eco", nel settore agroalimentare è vincolato alle sole produzioni biologiche, bloccando così la strada ai biofurbi che utilizzavano impropriamente tali termini.