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Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì, presso l'azienda agricola biodinamica mantovana La Carpaneta. (Foto EcorNaturaSì)

Distribuzione

Quale futuro per i negozi bio? Intervista a Fabio Brescacin

Il punto di vista del presidente di EcorNaturaSì, il maggior distributore di prodotti biologici e biodinamici in Italia

di Rosa Maria Bertino – 28 gennaio 2025

Quale ruolo giocano sul mercato e soprattutto quale futuro hanno i negozi bio?

La domanda è d’obbligo, alla luce dei dati pubblicati sul Focus Bio Bank – Supermercati & Specializzati 2024:
✔ La riduzione e concentrazione delle catene, iniziata nel 2019, è ormai conclusa.
✔ EcorNaturaSì ha chiuso nel 2021 l’esperienza Cuorebio, avviata per qualificare i negozi, con il passaggio d’insegna a NaturaSì.
✔ Anche i negozi Biobottega e Piacere Terra sono passati all’insegna NaturaSì, nel 2019.
✔ Al 41% la quota dei punti vendita collegati a catene specializzate nel 2023.
✔ Scendono a 419 i punti vendita collegati a catene specializzate nel 2023 (-5,8% sul 2022, -33,2% sul 2018).
✔ Scendono invece a quota 603 i negozi indipendenti (-9% sul 2022, -20,6% sul 2018).

Ne parliamo con Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì, il maggior distributore di prodotti biologici e biodinamici in Italia, con un giro d’affari di 424 milioni di euro nel 2024 e una squadra di 1.200 collaboratori.
Cuore dell'attività i negozi specializzati, con una rete di 360 supermercati NaturaSì, parte in franchising e parte in gestione diretta. Di fatto l'unica catena nazionale in Italia. Una realtà che collega 250 aziende agricole biologiche e biodinamiche, con oltre 3.000 ettari dedicati alla produzione di ortofrutta e prodotti a marchio, e distribuisce più di 9.000 prodotti, di cui 500 a marchio NaturaSì, SìEssenziali e Le Terre di Ecor.


In dieci anni le vendite bio al dettaglio in Italia sono raddoppiate, ma a trainare le vendite, e a beneficiare della crescita, è stata la Gdo. La quota della Gdo è salita dal 40 al 58%, quella dei negozi bio è scesa dal 36 al 23%, analogamente a quanto accade in altri Paesi europei. Quale ruolo hanno allora i negozi bio in questa sfida impari con la Gdo?

In termini di valori assoluti le vendite nei negozi bio sono cresciute del 26% negli ultimi dieci anni, mentre è diminuito il numero di attività e si è ridotta progressivamente la quota di mercato del canale specializzato. Ma non si tratta di una sfida impari. I negozi bio hanno la loro peculiarità, un ruolo importante, in quanto non offrono solo prodotti. Offrono una cultura, una forte relazione con i produttori, uno spirito e un’atmosfera differenti rispetto alla grande distribuzione. Quindi avranno sempre un ruolo. Anzi, se guardiamo a quanto avvenuto nell’ultimo anno, la Gdo sta rallentando sul biologico, che rimane confuso tra differenti tipologie di prodotto. Di fatto il divario tra il canale specializzato e la Gdo si sta allargando sempre di più.

Nel 2024 la rete dei negozi NaturaSì è cresciuta a doppia cifra e cresce parallelamente anche il numero dei consumatori alla ricerca di qualcosa di sano e sicuro, che va oltre al prodotto. Nei negozi bio il consumatore trova assistenza e coglie un senso di comunità, una certa cultura che va mantenuta viva. Crediamo dunque che i negozi bio abbiano un ruolo importante che non può essere abbandonato. Il prodotto bio non è solo un prodotto, è una filosofia di vita, è un modo di relazionarsi con le persone, con i clienti, con i produttori. È un nuovo modo di vedere la vita, l’economia, l’agricoltura.

In dieci anni in Italia hanno chiuso i battenti quasi un quarto dei negozi bio. Crede che la rete sia assestata sui circa mille negozi attuali, con un fisiologico turnover, o prevede che possa ridursi ancora?

La diminuzione dei negozi specializzati è stata fisiologica. Tanti negozi bio sono partiti con poca professionalità, in modo un po’ naif, come si poteva partire allora. Il mercato e i consumatori hanno chiesto nel tempo una certa evoluzione. I negozi che non hanno colto questi segnali sono entrati in difficoltà, fino a chiudere. In futuro credo che i punti vendita specializzati aumenteranno. Stiamo infatti aprendo anche in zone con bacino d’utenza inferiore rispetto agli inizi.

La Gdo ha avuto il merito di ampliare la platea del bio, intercettando nuove fasce di consumatori "ibridi", che acquistano sia convenzionale sia biologico. Quali sono i tratti distintivi e attrattivi che un negozio bio può vantare rispetto alla Gdo per ampliare il proprio pubblico?

Le persone cercano il prodotto, cercano il prezzo, ma cercano anche qualcosa di diverso, un ideale, un sapore particolare che questi negozi offrono. Pertanto hanno infinite possibilità di attrazione. Chiaramente non possono competere sui prezzi, ma possono proporre una qualità più elevata, perché il bio non è tutto uguale, come il convenzionale non è tutto uguale. Anche nel bio non c’è limite alla possibilità di miglioramento qualitativo, all’innovazione. Nei negozi bio si trovano sempre prodotti innovativi come quelli vegani, le bevande vegetali, le proteine vegetali, i prodotti fermentati e molto altro. Si tratta di un mercato di nicchia, che proprio per questo sa anticipare alcuni trend di mercato rispetto ad altri canali di vendita.

Quali invece le caratteristiche peculiari di un negozio bio in rete, che può contare sulla forza dell’insegna NaturaSì?

La rete ha tanti vantaggi. Da una parte non sei solo, e non è poco! Fai parte di una comunità, formata dalla casa madre, ma anche dai colleghi che condividono un’esperienza, un marchio, una proposta, una comunicazione, i rapporti con il consumatore. Inoltre si può usufruire della professionalità che EcorNaturaSì ha maturato in quarant’anni di attività. Si impara l’uno dall’altro, ci si confronta su nuovi format, assortimenti, prezzi e modi di comunicare.
Oggi partire con un negozio da soli è più complicato. In molti casi c’è bisogno di fare tesoro dell’esperienza degli altri. L’insegna NaturaSì, oltre a essere un marchio riconosciuto, mette a disposizione assistenza in tutti gli ambiti, a partire dal prodotto e dalla scelta dei produttori, selezionati in modo attento. Molti lavorano con noi da decenni. Le persone si avvicinano per il bio, ma anche perché il prodotto è buono. E questa è la cosa più bella che ci sentiamo dire dai clienti.

La sinergia tra NaturaSì e Altromercato, avviata nel 2021 con la linea di eccellenze bio ed equosolidali in co-branding Diritti all’origine, si sta sviluppando ora sul territorio con i negozi a doppia insegna. Dopo le aperture di Alba e Clusone del 2024, quali altre aperture sono previste?

I negozi a doppia insegna NaturaSì-Altromercato di Alba e Clusone stanno andando bene. Vedremo di aprirne altri in quanto il co-branding del negozio sta funzionando, la clientela è simile. C’è chi è più orientato al bio e all’ecologia, chi all’equosolidale come gesto politico verso una nuova economia. L’equosolidale, naturalmente, è sempre più bio. E il bio deve essere anche equo e solidale. Sentiamo che lavorare insieme crea un volano importante e lo stanno confermando anche i numeri, che sono molto positivi.

In Italia l'unica catena nazionale di supermercati bio è NaturaSì, con 360 negozi, a cui si aggiunge la catena regionale Biosapori, con una decina di punti vendita. Negli anni sono sorte varie catene, ma nessuna ha attecchito. In Francia e in Germania il panorama delle catene specializzate è invece più articolato. Come spiega questa eccezione tutta italiana?

Il mercato del bio in Italia è relativamente piccolo, siamo al 3,6% dei consumi. In Francia e Germania la quota è poco oltre il 6%. E questo rende possibile la presenza di diversi player. Gran parte dei negozi specializzati in Italia sono diventati prima Cuorebio, poi NaturaSì e sono presenti in tutte le principali città. NaturaSì ha lavorato per quarant’anni per aggregare fornitori e agricoltori, garantendo un livello di servizio apprezzato dai negozi.

In tempi di crisi epocali e globali il fattore prezzo è diventato sempre più rilevante nelle scelte d'acquisto. Supermercati e discount hanno risposto con un'offerta crescente di prodotti biologici a proprio marchio a prezzi accessibili, anche nel bio. Come ha reagito il canale specializzato alla sfida sui prezzi?

La nostra insegna ha sostenuto da sempre il tema del giusto prezzo. Gli agricoltori vanno sostenuti, in quanto i prezzi bassi hanno rovinato l’agricoltura italiana. Produrre in biologico ha un certo costo, e questo vale per l’agricoltore, il trasformatore, per i punti vendita, insomma per tutta la filiera. Ma negli ultimi anni abbiamo sentito che serviva uno sforzo sul fronte dei prezzi e abbiamo creato la linea di prodotti a marchio SìEssenziali. Su questi prodotti abbiamo ridotto il nostro margine, lo riteniamo un atto d’amore verso il consumatore. Questa scelta ha permesso di abbattere la barriera del prezzo. Da NaturaSì i prodotti hanno una certa qualità, un certo valore e ora, con la nuova linea, sono anche più accessibili. 

Nella dinamica Marca del distributore-Industria di marca quale ruolo e quale futuro vede per i marchi del bio?

La strada è mantenere quanto più possibile il marchio del produttore, perché rappresenta l’identità del prodotto, la sua anima. Ma a volte, per articolare l’offerta, è necessario proporre il marchio del distributore, che è una sorta di garanzia, perché l’insegna dà fiducia. Come sempre è importante il giusto equilibrio, fra trasparenza e identità del produttore e il marchio del distributore, che in alcuni casi può essere utile e opportuno, come avvenuto per SìEssenziali.