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Gli scaffali con l'assortimento compatto di alimenti biologici nel drugstore Dm di Bologna. (Foto: Bio Bank/Emanuele Mingozzi)

Distribuzione - Evergreen

10 tappe per entrare in Gdo con la propria marca bio

Il ruolo chiave del biologico nella Gdo, come arrivare sugli scaffali e restarci

di Rosa Maria Bertino e Alberto Pizzolo* – 18 gennaio 2022, aggiornato al 19 settembre 2024

Per entrare nella grande distribuzione con una propria gamma di alimenti biologici non basta avere cuore e passione, credere nel proprio prodotto e avere un bravo venditore. Oltre a un progetto interessante e credibile, servono la conoscenza delle proprie capacità e la disponibilità a mettersi in discussione, con un approccio mentale corretto dal punto di vista aziendale, marketing e commerciale. Le piccole e medie aziende bio che vogliono entrare nella Gdo devono essere consapevoli di iniziare un nuovo viaggio, con una serie di tappe intermedie che vanno necessariamente affrontate. Alta professionalità, specializzazione ed esperienza sono perciò attrezzature fondamentali per intraprendere nel modo migliore questo nuovo percorso. Un terreno che può essere insidioso se affrontato superficialmente, ma che si rivelerà ricco di opportunità di crescita e sviluppo se gestito con attenzione e competenza.

Indice

  • Bio strategico nelle marche della Gdo
  • Bio tra supermercati e specializzati
  • Bio tra marca del distributore e industria di marca
  • Tutti i dati sul quinto Focus Bio Bank
  • Entrare in Gdo in 10 tappe

Bio strategico nelle marche della Gdo

Partiamo quindi con lo scenario di riferimento, così come emerge dai dati Bio Bank raccolti dal 2001 al 2023, con la collaborazione delle principali catene distributive operanti in Italia. L’offerta biologica sugli scaffali della Gdo è infatti cresciuta in modo esponenziale negli ultimi dieci anni. Da un lato con la marca del distributore (Mdd) che assegna al bio un ruolo strategico muovendo un esercito di terzisti. Dall’altro con l'offerta sempre più ampia di prodotti biologici da parte dell’industria di marca (Idm): dalle multinazionali alla grande industria agroalimentare nazionale, dalla marea di piccole e medie aziende che diversificano nel bio alla aziende storiche che il biologico l’hanno scelto fin dalla prima ora. 

Bio tra supermercati e specializzati

Il mercato del bio italiano, fra retail, ristorazione ed export ha raggiunto 9,1 miliardi di euro nel 2023 (+8,7% sul 2022). Quello del solo retail è salito a 4,2 miliardi di euro nel 2023 (+6,7% sul 2022), come evidenziano i dati Nomisma per Osservatorio Sana. Appena un punto in più dell’inflazione media, che allenta la morsa scendendo al 5,7% rispetto all’8,1% del 2022. Tutto ciò in un contesto dove le vendite di beni alimentari crescono a valore (+2,2%) e calano a volume (-3,5%). Negli ultimi cinque anni le vendite bio al dettaglio sono cresciute del 16,8%, negli ultimi dieci sono praticamente raddoppiate (+96,1%).
Ma mentre nella grande distribuzione hanno raggiunto i 2,4 miliardi di euro (+7,9%), in un trend di crescita continua dal 2007, nei negozi bio le vendite sono salite a 957 milioni di euro (+4,5%), tornando però sotto il livello del 2012, con un trend altalenante.
A trainare le vendite è sempre di più la grande distribuzione, con una quota del 58%, mentre quella del canale specializzato è al 23%, analogamente a quanto accade in Germania e Francia.

Bio tra marca del distributore e industria di marca

Ormai consolidata l’offerta di prodotti bio nelle 24 catene censite da Bio Bank nel 2023. Tra supermercati e discount, più una catena di drugstore, ruota sempre intorno alle 6mila referenze, come nel 2022. Le referenze bio a marchio del distributore (Mdd) sono il 29% delle circa 21mila stimate in 24 catene. 
Bastano quattro dati chiave per inquadrare il peso del bio nella Gdo e in particolare il ruolo trainante delle Mdd per il bio in Italia, secondo i dati 2023 di Circana e The European House - Ambrosetti diffusi a Marca:
• l'80% delle vendite alimentari è in Gdo, mentre per il bio la quota della Gdo è al 58%,
• il 31,5% delle vendite nella Gdo è costituito da prodotti Mdd, mentre per il bio la quota di vendite con le Mdd è del 46,7%.
Di conseguenza sul totale delle vendite bio il 27,2% è nelle Mdd della Gdo.
Salgono a 12 le catene con prodotti equosolidali nelle proprie marche, con oltre 130 referenze, e a 15 quelle con cosmesi naturale o bio certificata, con più di 1.000 referenze.

Tutti i dati sul Focus Bio Bank 2024

Per approfondire basta sfogliare il Focus Bio Bank - Supermercati & Specializzati 2024, liberamente consultabile su Issuu, che presenta i dati aggiornatissimi sulla dinamica dei due canali distributivi chiave del bio:


Supermercati
  • alimenti bio, alimenti equosolidali e cosmesi bio nelle marche della grande distribuzione
  • punti vendita, fatturato, marche del distributore (Mdd) e dell’industria (Idm)
  • panoramica visiva di marche e prodotti
  • trend referenze bio dal 2001 al 2023 (Mdd) e catene leader
Negozi specializzati
  • evoluzione dei negozi di alimenti biologici dal 1993 al 2023
  • variazioni, trend e identikit degli specializzati
  • catene di negozi specializzati.


Entrare in Gdo in 10 tappe

Siete pronti allora? Il viaggio sta per iniziare… In 10 punti racconteremo i passaggi fondamentali per arrivare sugli scaffali della grande distribuzione con la gamma di alimenti bio a proprio marchio. Lavorare come partner con la marca del distributore è infatti tutta un’altra storia e richiede aspetti dimensionali diversi. Ma, per capire dove stiamo andando, è importante conoscere anche i dati sulle private label e il rapporto Mdd-Idm differente in ogni catena.

  • 1 - L’azienda tra presente e futuro
Mission e vision non sono concetti astratti, ma la risposta consapevole ad alcune domande chiave sul presente e sul futuro che l’azienda deve farsi: chi siamo e cosa facciamo oggi? Quali sono i nostri sogni e dove vorremmo essere fra tre-cinque anni? L'identità e il senso di appartenenza all'azienda sono importanti, così come la coerenza con la propria visibilità su media e social. Sembra complicato? Non così tanto, se ci confrontiamo con trasparenza con un esperto, meglio se esterno all’azienda. Si parte analizzando esperienze e risultati conseguiti, potenzialità produttive e capacità di investimento, aspetti normativi e di certificazione. Un lavoro propedeutico per poi individuare peculiarità e tratti distintivi, punti di forza e di debolezza, minacce e opportunità (Swot Analysis).

  • 2 - Viva la concorrenza!
Per definire il contesto competitivo di riferimento è fondamentale analizzare mercato e concorrenza, prendendo spunti e idee da implementare per lo sviluppo strategico del proprio progetto. Fondamentali i dati di mercato disponibili in azienda o reperiti da altre fonti informative (riviste specializzate, fiere di settore, indagini dedicate) e da società specializzate con servizi a pagamento (Iri, Nielsen, ecc.). Questa attività viene eseguita in modo approfondito secondo i principi del benchmarking competitivo, "processo sistematico e continuo per la comparazione delle performance, delle funzioni o dei processi delle organizzazioni” così come lo definisce la Commissione Europea. Analizzando i dati raccolti vengono individuate le caratteristiche e peculiarità dell’offerta aziendale (ingredienti, plus nutrizionali, formati, packaging, prezzo, certificazioni, sostenibilità, valori etici, ecc.), confrontandole con i potenziali concorrenti. 

  • 3 - Alla scoperta del punto vendita
Valutare l'assortimento per singola insegna, permette di individuare eventuali segmenti non coperti e le potenziali opportunità di inserimento per i propri prodotti. Il mondo del web, complice la pandemia, e l'aumento esponenziale degli e-commerce per le principali insegne, se sapientemente utilizzati possono offrire un prezioso aiuto per fotografare gli assortimenti della concorrenza, con notevole risparmio di tempo e risorse. A questa analisi preliminare segue la classica attività sul campo con visite mirate nei punti vendita (store check) per verificare gli assortimenti sui lineari dell’insegna e comprendere come sono state gestite le categorie a scaffale nell’ottica del consumatore finale, ovvero le logiche di category management. Integrando le informazioni ottenute avremo un quadro di riferimento esaustivo e completo.

  • 4 - L’ultima parola al consumatore
Per approcciare in modo corretto il mercato della grande distribuzione non basta pensare "il nostro prodotto si deve vendere perché è il più buono”. Anche se è vero, ed è tutto da dimostrare e da far percepire al consumatore, non basta. Il mercato, infatti, è sempre più saturo perché l’offerta è decisamente superiore alla domanda e gli spazi di inserimento sono limitati. È perciò importante ricordarsi che i prodotti presenti sullo scaffale del supermercato, con il loro packaging, le loro caratteristiche, immagine e prezzo, sono una fotografia istantanea di quanto richiesto e gradito dal consumatore finale. È lui che decide cosa, come, quanto e quando acquistare. Non bisogna mai dimenticarlo. Il rischio? Vedere il proprio prodotto delistato, eliminato dall'assortimento per mancanza di rotazione a scaffale. Insomma, non basta arrivare sullo scaffale, bisogna restarci, girando molte volte, perché scelti - e ripetutamente - dal nostro consumatore.

  • 5 - La differenza che fa la differenza
In un contesto altamente competitivo occorre individuare e valorizzare la peculiarità distintiva dell'azienda, che permetta di raccontare qualcosa di nuovo, interessante e spendibile, suscitando l'interesse del buyer e al tempo stesso del consumatore finale. È la cosiddetta Unique Selling Proposition (Usp), letteralmente l’argomentazione esclusiva di vendita. Questo punto di forza caratteristico dell’azienda, se riconosciuto dal target del mercato di riferimento, consente alla piccola realtà produttiva di distinguersi dalla grande industria agroalimentare. Si tratta insomma di una vera e propria chiave di volta: tutto lo sviluppo presente e futuro dell'azienda dovrà essere coerente con il messaggio trasmesso che ruota intorno a questo elemento. La piccola azienda, più flessibile, dinamica e ricettiva, ha un vantaggio competitivo importante. Sarebbe davvero un peccato non utilizzarlo a proprio favore. 

  • 6 - Il vantaggio vale se è per tutti
Partendo da un corretto posizionamento di prezzo al pubblico che favorisca le vendite e le rotazioni a scaffale, il progetto deve essere economicamente sostenibile e redditizio per l’azienda e al tempo stesso in grado di soddisfare le specifiche esigenze di marginalità richieste dalla grande distribuzione. Questo delicato equilibrio è fondamentale per non incorrere in due tipici errori: offrire il prodotto a un prezzo troppo alto che non renda conveniente l'inserimento da parte del buyer oppure assecondare le richieste del buyer a un prezzo insufficiente per coprire tutte le voci di costo. Una scelta che nel tempo si rivela insostenibile per l’azienda.

  • 7 - La percezione del valore
Nel lineare della grande distribuzione la vendita è muta. In pochi secondi il consumatore deve trovare nella confezione e nel prezzo, il giusto mix che stimoli l'acquisto del prodotto. Non si parla solo di rapporto qualità-prezzo, bensì di valore percepito, cioè di tutti quegli elementi che inducono a mettere il prodotto nel carrello della spesa. Senza dimenticare che solo con un’esperienza di acquisto positiva si chiude il processo, aumentando la possibilità di riacquisto e quindi di fidelizzazione. Solo a titolo di esempio possono essere determinanti la facilità di apertura e utilizzo, i suggerimenti chiari e intuitivi per la preparazione e la personalizzazione, la facilità di smaltimento dell’imballo e altri ancora.

  • 8 - L'identikit dell'insegna
Ogni insegna ha una propria politica assortimentale e di posizionamento, esigenze logistiche ben definite, contratti e aspetti negoziali specifici. Nella definizione della strategia commerciale e del piano territoriale di vendita è fondamentale ponderare in modo competente e specialistico questi aspetti. Entrare in Gdo non significa avere un unico progetto "4x4" valido per tutte le catene. E quindi conviene selezionare quelle più affini e allineate con la propria tipologia di progetto. Per questo occorre una conoscenza specifica di numerosi fattori: struttura dei diversi gruppi distributivi, politica d’insegna, copertura territoriale, tipologie dei punti vendita, modello organizzativo, aspetti logistici e dinamiche di mercato. Senza dimenticare le sfumature e i sottili equilibri, meno evidenti ma altrettanto importanti, che regolano le relazioni commerciali nel mondo distributivo. Non si può certo improvvisare.

  • 9 - La coerenza davanti al buyer
Arrivare all'incontro con il buyer richiede tempo e non è scontato. Occorre preparare al meglio il terreno per incuriosire e rendere attraente il progetto. Ogni dettaglio va perfettamente curato per proporsi in modo ottimale: dalla lettera di presentazione al catalogo di vendita, fino alla definizione del listino. Inoltre è fondamentale l’allineamento e la coerenza tra quello che si dice durante l'incontro e quello che si comunica sia attraverso gli strumenti classici (a partire dalla presentazione professionale dell’azienda, il cosiddetto company profile), sia online (in primis sito web aziendale e social network come Instagram, Facebook o Linkedin). Infine un suggerimento: nel corso dell’incontro con il buyer è importante che emerga la nostra conoscenza del mercato offrendo elementi di spunto e utili riflessioni. Sicuramente un valore aggiunto che rende la dinamica del colloquio più paritaria e proficua. 

  • 10 - Il viaggio continua…
Vedere finalmente il proprio prodotto sul lineare di una catena importante riempie di soddisfazione l’imprenditore. È il coronamento del lavoro di squadra dell'intera azienda. Ma attenzione a non scambiarlo con un punto d’arrivo, con un traguardo. È solo il punto di partenza. Lungo il percorso occorre saper cogliere i segnali e i riscontri del mercato, analizzare periodicamente i dati di vendita, essere disponibili a modificare e migliorare. Dobbiamo essere sempre pronti a metterci in discussione con umiltà, pur nella piena consapevolezza delle nostre capacità. Il viaggio è appena iniziato, siamo alla prima tappa di un percorso che ci auguriamo il più lungo possibile.


Alberto Pizzolo lavora nel food da ormai 25 anni e considera la vendita come la naturale conseguenza di un progetto ben fatto. Nel tempo ha acquisito una rilevante esperienza nel biologico, gestendo relazioni con grandi clienti e distributori in Italia e all’estero. Accompagna le piccole e medie aziende nello sviluppo consapevole di nuovi progetti marketing e commerciali. Nel lungo percorso professionale ha sviluppato trasversalità e apertura di pensiero, con elevata qualità, innovazione e competitività dei progetti sviluppati.

** Evergreen
Gli articoli Evergreen sono articoli sempreverdi, perché aggiornati periodicamente sulla base di nuove elaborazioni e dati aggiornati Bio Bank. Non sentono il passare delle stagioni e non perdono mai le foglie.