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Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, al Vinitalybio, nato dall'accordo tra Veronafiere e la Federazione nazionale del biologico e biodinamico. (Foto: Bio Bank/Rosa Maria Bertino)

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Vinitalybio: al via un salone per le etichette certificate

Il vino biologico ha debuttato in società. E lo ha fatto nel più prestigioso dei luoghi possibili: il Vinitaly di Verona, vetrina internazionale del vino, che ha chiuso la sua 48° edizione il 25 marzo scorso.

di Rosa Maria Bertino, Agricoltura giugno 2014

Il vino biologico ha debuttato in società.
E lo ha fatto nel più prestigioso dei luoghi possibili: il Vinitaly di Verona, vetrina internazionale del vino, che ha chiuso la sua 48° edizione il 25 marzo scorso.
La certezza normativa è il suo punto di forza. L’interesse dei mercati il suo motore. La sensibilità dei consumatori la sua energia. Finalmente il vino biologico ha avuto l’onore di un salone tutto suo, con un nome dedicato: "VinitalyBio”. Ovvero mille metri quadrati di superficie, una settantina di produttori biologici e biodinamici dal Trentino alla Sicilia, un’enoteca per la degustazione dei moltissimi vini biologici presenti, in ordine sparso, nel resto della fiera, una saletta per le degustazioni guidate, riservate a clienti e giornalisti.
Lo spazio, volutamente di servizio, è stato declinato su un’immagine comune, sulla scia di Millésime bio, fiera francese specializzata nel vino biologico.
Un esordio di tutto rispetto, risultato di un intero percorso iniziato un anno fa, esattamente al Vinitaly, con la firma dell’accordo tra Veronafiere e FederBio.

"Per capire la formula che le aziende avrebbero gradito - spiega Paolo Carnemolla, presidente di FederBio - abbiamo ascoltato le aspettative e le esigenze di numerosi operatori, attraverso una serie di incontri mirati. Prima in Franciacorta, poi a Roma e infine in Puglia. Quella che abbiamo costruito insieme a Veronafiere è una vera e propria piattaforma per la promozione e l’internazionalizzazione delle piccole aziende vitivinicole biologiche certificate. Perché è la certificazione che garantisce la trasparenza del sistema produttivo”. Un valore condiviso anche da Emilio Gatto, direttore generale per la promozione e la qualità agroalimentare del ministero delle Politiche Agricole. Nel suo intervento al Vinitaly, Gatto ha infatti specificato che le denominazioni associate ai vini o sono espressione di disciplinari approvati dal Ministero e certificati, o sono pubblicità ingannevole per i consumatori e concorrenza sleale verso gli operatori certificati.

In effetti la strada per arrivare al regolamento europeo n. 203 del 2012 sulla produzione e l’etichettatura del vino biologico è stata lunga e tortuosa, ma ha segnato la svolta per i mercati.
Lo confermano i dati di Wine Monitor, osservatorio di Nomisma dedicato al vino, che vedono il bio in grande "fermento”. L'8% della superficie vitata italiana è bio contro la media mondiale del 4% e l’Italia è al terzo posto in Europa con poco più di 57.000 ettari di vigneti biologici, dopo Spagna (81mila ettari) e Francia (65mila ettari). Infine le vendite di vino bio nella grande distribuzione sono cresciute del 4% in volume rispetto al 2012, mentre il vino nel suo complesso ha registrato un calo del 6,5%. Il motivo? I consumatori percepiscono il vino bio come più salutare, ovvero senza pesticidi, con meno solfiti e meno procedimenti industriali.
Ma il biologico è soprattutto la chiave di volta per la conquista dei mercati esteri. Una nicchia da guardare con molta attenzione perché esprime una netta tendenza.