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Il supermercato NaturaSì di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. (Foto: Bio Bank/Emanuele Mingozzi)

Distribuzione

La corsa del treno verde bio fra supermercati e specializzati

Trainanti i supermercati, con vendite oltre 2 miliardi di euro nel 2020, contro i 900 milioni di euro degli specializzati

di Rosa Maria Bertino – Bio Eco Actual – 1° marzo 2021

Il treno verde del bio

Continua la corsa del treno verde del bio. Perché il biologico risponde davvero a bisogni fondamentali, come la nostra salute e quella dell’ambiente. Ancor più ora che siamo stretti tra due fuochi, con la minaccia globale della crisi climatica e la minaccia personale del Coronavirus.
Ma a guidare la locomotiva del treno verde, anche in Italia, sono da tempo i supermercati, con vendite oltre i 2 miliardi di euro nel 2020. Più del doppio degli specializzati, con vendite oltre i 900 milioni di euro.
Si fa quindi sempre più serrato il confronto fra questi due canali distributivi, obiettivo del Focus Bio Bank - Supermercati & Specializzati 2020, consultabile su issuu.com/biobank. I dati elaborati su questo report digitale sono quelli raccolti da Bio Bank, banca dati italiana del bio, dal 1993 per i negozi bio e dal 2001 per la Gdo.



Supermercati: forza trainante

Due i fattori chiave che hanno determinato questo cambio di guida.
Il primo fattore è sicuramente la crescita rapida delle referenze bio a marchio della Gdo tra il 2001 e il 2019, passate da 644 a 4.686 (+628%), l’aumento delle referenze medie per catena da 92 a 180, l’aumento delle catene coinvolte da 9 a 26. Un ritmo decisamente sostenuto, anche se nel 2019 procede ad una sola cifra (+8%) rispetto ai quattro anni precedenti, con percentuali a doppia cifra (dal +22% al +26% all’anno).
Il secondo fattore è la crescita esponenziale dell’offerta di prodotti bio da parte di aziende multinazionali, dell’industria di marca e di una vasta platea di piccole e medie aziende agroalimentari salite sul treno in corsa. Perché tutti vogliono la loro fetta in un mercato che cresce.
Un’offerta enorme, disponibile in modo capillare sugli scaffali di ipermercati, supermercati e discount, con prezzi decisamente interessanti, che ha attratto nuove fasce di consumatori mai entrati in un negozio specializzato. Ma al tempo stesso ha anche sottratto clienti e quote di vendite ai negozi bio.
Confermate le prime tre catene: Coop con 750 referenze bio a marchio, seguita da Esselunga con 485 e Pam Panorama con 366. Solo nove catene hanno meno di 100 referenze e si tratta in gran parte di discount.

Specializzati: cresce l’aggregazione

Sono 1.339 i negozi bio in Italia rilevati da Bio Bank nel 2019 (-1%). Sembra quindi rallentare il fenomeno delle chiusure. Ma resta comunque elevato il turnover, con più di 200 negozi in entrata e altrettanti in uscita. A gettare la spugna sono soprattutto i piccoli negozi che hanno fatto la storia del biologico, mentre crescono quelli con superfici oltre i 150 metri quadrati.
Nel 2019 i negozi legati alle catene scendono per la prima volta dal 2011, attestandosi al 42%, in gran parte per la razionalizzazione in atto nelle reti Cuorebio e NaturaSì e l’acquisizione di Biobottega e Piacere Terra, passati a NaturaSì. Si concentra così ulteriormente il già ristretto panorama delle catene specializzate in Italia.
Al primo posto NaturaSì, che fa capo al distributore leader EcorNaturaSì, con 297 punti vendita di proprietà o in franchising. Al secondo Cuorebio, con 173 negozi associati alla formula promossa sempre da EcorNaturaSì. Al terzo le insegne Naturplus (24 negozi) e MelaVerdeBio (15 negozi), franchising collegati alla società pugliese Natplus. Segue Bio c’ Bon, catena specializzata francese acquisita da Carrefour (ma i 16 negozi italiani sono stati chiusi nel 2020). Infine Biosapori, catena veneta con 10 supermercati. Un Punto Macrobiotico, associazione pioniera dell’alimentazione macrobiotica, scende a 28 negozi.
Sono invece il 35% del totale i negozi indipendenti aderenti ai programmi promozionali: Ki Ama Bio di Ki Group e Come Voglio Bio di BiotoBio. I negozi aggregati (catene e programmi promozionali) sono arrivati quindi al 77% del totale. A conferma che in un mercato sempre più competitivo è difficile salvarsi da soli.

La bio-identità

E non è solo questione di numeri. Ma soprattutto del ruolo e del peso che il bio ha assunto nelle strategie e nella comunicazione della grande distribuzione. Ciò che più colpisce, anche guardando all’Europa, è la capacità della grande distribuzione generalista di fare propri i temi chiave del bio. In Germania le catene della Gdo guadagnano in credibilità collaborando con le associazioni storiche del settore. Ancora più alta la sfida in Francia, dove il bio cresce non solo con le marche dei distributori, ma anche con le insegne dedicate al bio, con partecipazioni nelle catene bio o con l’acquisizione di intere catene specializzate.
Mentre il canale storico, che rappresenta questo mondo al 100%, fatica a ricalcolare la sua posizione per riaffermare il proprio ruolo e la propria bio-identità. Il prezzo è importante, certo, ma non è tutto. La scommessa è sulla capacità dei negozi di riscoprire la propria vocazione originaria: comunicare la storia e i valori del bio, il legame privilegiato con i produttori e la conoscenza dei prodotti. L’esperienza d’acquisto deve avere un sapore identitario, riconoscibile, autentico. Perché è qui che batte il cuore del bio.