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L'offerta di biscotti biologici sugli scaffali Despar, emblematica per l'ampio assortimento tra marca del distributore e industria di marca. (Foto: Bio Bank/Emanuele Mingozzi)

Mercato

Il biologico in Italia resiste oltre ogni crisi

Le risposte di Bio Bank a Food sugli scenari del bio per il report Healthy e Bio Trends 2023

di Rosa Maria Bertino – 20 settembre 2023

Sono 10 i trend salutistici e bio 2023 che aprono Healthy e Bio Trends 2023, insieme a numerosi e interessanti approfondimenti sul mercato del bio, ai quali hanno contribuito tra gli altri Nomisma, Gs1 Italy, FederBio, AssoBio e Bio Bank.
L’approfondimento tracciato da Bio Bank analizza le tendenze del mercato, la dinamica dei vari canali distributivi, il ruolo sempre più centrale della marca del distributore, l'andamento del canale specializzato, l'evoluzione del mercato in Paesi chiave dei consumi bio come Germania e Francia, le prospettive dell'e-commerce.
Ecco le domande che abbiamo ricevuto dalla giornalista Veronica Fumarola e le risposte che abbiamo dato.



Qual è il bilancio per il biologico nel 2022? Quali le tendenze tra ipermercati, supermercati, discount e negozi specializzati?

Il valore complessivo del mercato bio italiano è salito a 8,4 miliardi di euro nel 2022 (+12,2% sul 2021, +134% sul 2013), segno davvero positivo in anni complicati. Ma gli andamenti fra consumi domestici, consumi fuori casa ed export sono assai diversificati, come evidenzia Il Rapporto Bio Bank 2022 con le elaborazioni dei dati Nomisma per Osservatorio Sana e le variazioni rispetto all’anno precedente (2021), al periodo pre Covid (2019) e a dieci anni prima (2013).
I consumi domestici segnano il passo, ruotando intorno a quota 3,9 miliardi di euro: +1,8% sul 2021, +9,5% sul 2019, +95% sul 2013. Nell’ambito del consumo domestico crescono le vendite nella grande distribuzione, anche se a ritmo rallentato, arrivando a 2,3 miliardi di euro: +5,2% sul 2021, +15% sul 2019, +263% sul 2013. Andamento positivo per discount (+13,8 sul 2021) e drugstore (+5,7), lieve flessione per ipermercati e supermercati (-2%) e calo per superette e minimarket (-4,6%). Scendono invece a 0,9 miliardi di euro le vendite nei negozi specializzati, decimati e appesantiti nella gestione: -8% sul 2021, +7% sul 2019, -15% sul 2013.
Sono invece in netta ripresa i consumi fuori casa, pari a 1,1 miliardi di euro, con tassi di crescita a due e tre cifre: +53% sul 2021, +61% sul 2019, +258% sul 2013.
Infine è in crescita continua l’export, che raggiunge 3,4 miliardi di euro: +16% sul 2021, +39% sul 2019, +168% sul 2013.

A fronte della forte inflazione che ha caratterizzato l’ultimo anno, qual è stato l’atteggiamento dei consumatori verso i prodotti bio?

Il mercato domestico è quello che più ha risentito della crisi economica. L’aumento di vendite dell’1,8% sul 2021 non copre certo l’inflazione che è stata il quadruplo: nel 2022 ha raggiunto infatti l’8,1%. Le famiglie devono fare i conti con i redditi erosi dall’inflazione in un clima generale di incertezza. Si opta quindi per canali distributivi, come i discount, dove l’offerta bio è più basica nella gamma e nei prezzi. Che i prezzi siano accessibili deve essere un obiettivo per tutti. Ma se sono troppo bassi significa che - pur nel rispetto della normativa europea - si sta risparmiando sulla qualità di materie prime, ingredienti, ricette e processi produttivi. Il rischio è quindi la banalizzazione del bio.

Come si muove l’industria agroalimentare sul fronte bio?

Anche l’industria agroalimentare sta frenando sul bio. In parte per la stasi dei consumi interni, in parte per la forte concorrenza della marca del distributore che continua a erodere quote all’industria di marca, anche nel bio.
Si moltiplicano invece i lanci di prodotti senza residui di pesticidi, da agricoltura sostenibile o coltivati nel rispetto dell’ambiente. Si tenta di intercettare l’istanza salutistica con prodotti che sono appena migliori di prima. Nulla a che fare con il biologico, che i pesticidi non li ammette proprio, tutelando con molte altre pratiche ambiente e biodiversità. Si scavalca il bio solo a livello comunicazionale. Secondo una recente ricerca Ipsos l’87% delle aziende ritiene importante comunicare la sostenibilità, ma solo il 68% ritiene importante fare seguire alle parole i fatti investendo in azioni sostenibili. È in questo forbice di 19 punti percentuali che fiorisce il greenwashing. Alla lunga pagherà questa politica verso i consumatori?

Quali sono i principali trend emersi nel mondo bio nell’ultimo anno?

Fra i Trend Bio Bank 2022 emergono con forza i sostituti vegetali di carne, latte e formaggi che piacciono a tutti non solo per valore nutrizionale, gusto e consistenza paragonabili all’originale, ma anche per la minima impronta ecologica. Poi il packaging verde nel segno delle 3 R: ridurre, riciclare, riutilizzare. Secondo l’Osservatorio Packaging di Nomisma il 28% degli italiani orienta gli acquisti in base a riciclabilità (62%), materiali sostenibili (59%), assenza di overpackaging (46%) e plastica (41%) nelle confezioni. Infine le antiche varietà, portatrici di biodiversità, riserva di sapori e tradizioni, scrigno di proprietà nutrizionali. Confermati i trend veg, locale, antispreco, fermentati,  biodiversità, biodinamico, etico, free from, rich in, superfood, difese immunitarie e basico.

Come si è evoluta l’offerta bio a marchio del distributore? Su quali segmenti puntano le insegne italiane?

L’impatto del bio nella Gdo è enorme: nelle 26 catene censite da Bio Bank nel 2021, sono oltre 22mila le referenze di alimenti bio stimate, di cui più di 6mila con la marca del distributore, spalmate su una rete di più di 24mila punti vendita che coprono capillarmente il territorio e incrociano ogni giorno una marea di potenziali clienti.
Come illustra il Focus Bio Bank - Supermercati & Specializzati 2022,  dal primo censimento del 2001, quando erano quasi 650, all’ultimo effettuato nel 2021 con più di 6mila, le referenze  bio nelle marche della Gdo sono sempre e solo aumentate con incrementi spesso a doppia cifra, arrivando quasi a decuplicare.
Sicuramente l’offerta bio a marchio presenta sempre più sostituti vegetali tra cibi e bevande. Molta attenzione anche al segmento del baby food, spesso categoria di ingresso al bio per i consumi famigliari.
Secondo dati Ismea nel carrello della spesa bio al primo posto restano sempre frutta e verdura. Carni, prodotti ittici e vino sono invece le categorie di prodotto con gli incrementi di vendita più elevati.

Quali sono i paesi esteri in cui la rete distributiva del biologico è più avanzata e dinamica? Quali modelli esteri potrebbero "importare” le insegne italiane della Gdo per sviluppare e valorizzare l’offerta bio?

È importante guardare ciò che succede all’estero perché molti fenomeni sono comuni. Non credo ci siano modelli da importare, ma piuttosto occorre capire cosa si muove e in che direzione.
Lo spostamento progressivo di quote di mercato bio dagli specializzati alla Gdo è un dato di fatto. Nel 2020 la quota di vendite bio dei supermercati in Germania è stata del 60% contro il 25% degli specializzati, in Francia del 55% contro il 29%, in Italia del 56% contro il 26%.
Il maggior numero di negozi bio nell’Unione Europea è concentrato tra Germania, Francia e Italia.
La Germania ne conta 2.600. In Francia sono saliti dagli oltre 2.800 del 2017 ai 3.250 del 2021 (+15,3%). Mentre in Italia, nello stesso arco di tempo, sono scesi da più di 1.400 a 1.240 (-13,7%).

In Francia la Gdo sta investendo e diversificando con partecipazioni e acquisizioni nelle catene specializzate: Intermarché  è tra gli azionisti di Les Comptoirs de la Bio, Carrefour  ha acquisito Bio c’Bon e Monprix, che fa parte del Gruppo Casino, ha acquisito Naturalia. E accade anche in Germania: nel 2023 la catena di supermercati Tegut, che fa parte di Migros, ha rilevato la catena di biosupermercati Basic. Il canale storico del biologico si interroga quindi sul suo futuro, sul suo ruolo nelle stringenti dinamiche distributive.
In Germania le catene della Gdo collaborano da tempo con le associazioni storiche del settore: Edeka e Lidl con Bioland, Rewe con Naturland, Kaufland e Real con Demeter.  E presto anche Aldi collaborerà con Naturland.

Credo che il biologico non possa essere trattato come una categoria di prodotti che bisogna pur avere, approcciato con la sola ottica del minor prezzo, inserito per tattica o per opportunità. Il bio ha molto da dare per la salute dell’ambiente e delle persone e merita un approccio serio, che contiene un progetto e una visione. Il bio risponde realmente alla crescente domanda di benessere da parte dei consumatori. Per questo, al di là delle oscillazioni del mercato, indica la direzione dei consumi verso la sostenibilità, rappresenta il futuro.

Negli ultimi anni il numero di negozi bio è in flessione. A cosa è dovuto questo fenomeno? Quali le possibili soluzioni?

Nel nostro Paese, alla pressione sul canale specializzato, già altissima da vari anni per la concorrenza di supermercati e discount, si sono aggiunte prima le molte difficoltà della pandemia, poi l’aumento generale dei costi: merce, gestione ed energia. Mentre sul versante ricavi si è ridotta sia la frequenza d’acquisto, sia lo scontrino medio, perché le famiglie italiane faticano a far quadrare i conti con l’inflazione al galoppo. Un mix di maggiori costi e minori ricavi che ha intaccato inevitabilmente i margini di guadagno dei negozi specializzati.
Altro fattore determinante la riduzione e concentrazione delle catene, in atto da ormai tre anni, dovuta in gran parte al progressivo passaggio d’insegna tra Cuorebio e NaturaSì, avviato nel 2019 quando insieme contavano 470 negozi. Passaggio concluso nel 2021 con la rete NaturaSì a quota 368 negozi, di proprietà e in franchising.

Nel panorama distributivo italiano è venuta a mancare mano a mano una sana concorrenza: quella che stimola a far sempre meglio. Non bastano negozi più grandi e attraenti, se mancano l’attenzione massima ai prezzi, la personalizzazione dell’offerta con prodotti locali e regionali, la conoscenza dei prodotti e dei produttori, l’accoglienza e la preparazione del personale.
I negozi bio restano l’anello che collega le multiformi realtà del biologico e del biodinamico con i consumatori più attenti alla propria salute e a quella del Pianeta. È solo in questi negozi che si respira il profumo del pane, della frutta, della verdura, che si può spaziare tra assortimenti imbattibili con migliaia di referenze, che si può toccare con mano l’identità del bio.

Quale bilancio si può tracciare per il bio nel canale e-commerce?

Lo spazio di mercato che l’e-commerce ha guadagnato durante la pandemia resta, la necessità iniziale è diventata abitudine di acquisto. Cresce insomma l’omnicanalità che integra canale fisico e digitale. Molte insegne della Gdo stanno potenziando le infrastrutture logistiche  in questa direzione e aumentano ogni anno le città e le zone servite. Anche nel bio l’e-commerce è sempre più importante. I numeri lo confermano. Nell’ambito della grande distribuzione le vendite sono passate dai 19 milioni di euro del 2019 ai 78 del 2022, secondo i dati Nomisma per Osservatorio Sana. Tutti i canali distributivi devono poi fare i conti con la potente concorrenza di Amazon.
Il bio immerso in questo scenario distributivo dinamico non può sottrarsi alle sfide, restando confinato ad un solo canale distributivo. Deve poter percorrere ogni strada, riaffermando i valori che ne costituiscono l’identità ambientale e salutistica fin dalle origini.