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L'immagine di copertina di Italianfood.net Magazine n. 1-2024 dedicata al Made in Italy Bio.

Mercato

Made in Italy Bio, il marchio chiave per incrementare l'export

Le risposte di Bio Bank a Food sul ruolo propulsivo del bio italiano nell'export per Italianfood.net Magazine n. 1-2024

di Rosa Maria Bertino – 7 febbraio 2024

È dedicata al biologico la storia di copertina del primo numero dell'anno di Italianfood.net Magazine. In particolare al ruolo chiave che può giocare il nuovo marchio Made in Italy Bio per il biologico italiano a livello globale. Nell'articolo di apertura le interviste a Maria Grazia Mammuccini (presidente di FederBio), Nicoletta Maffini (presidente di AssoBio), Enrico Amico (presidente di Demeter), Carlo Triarico (presidente dell'Associazione per l’Agricoltura Biodinamica) e la nostra per Bio Bank.
L’approfondimento tracciato da Bio Bank analizza l’andamento dell'export bio italiano secondo l'ultimo Rapporto Bio Bank, la relazione fra prodotti bio dell’industria di marca e a marchio del distributore e le leve competitive per il bio made in Italy.
Ecco le domande che abbiamo ricevuto dalla giornalista Mariangela Latella e le risposte che abbiamo dato.


Qual è l’andamento dell'export bio italiano secondo il Rapporto Bio Bank?

L’Export dà sicuramente grandi soddisfazioni agli operatori italiani del biologico. I motivi stanno sulle dita di una mano: l’Italia è leader europeo dell’export bio, l’incidenza del bio sul totale dell’export agroalimentare è in crescita, il bio resta più attrattivo del convenzionale su alcuni mercati fermi, l’export di vino bio cresce più del convenzionale e in generale resta alto l’interesse per il made in Italy bio, un marchio vincente.

Secondo le elaborazioni Bio Bank dei dati Nomisma per Osservatorio Sana, nel 2023 l’Export bio italiano ha raggiunto infatti quota 3.641 milioni di euro, il 40% di 9.115 milioni di euro, totale del mercato bio Italia.
Ciò che rende l’export così importante per l’agroalimentare biologico è la sua forza propulsiva sui mercati, con una crescita a due cifre sia nel 2022 (+16%), sia nel 2021 (+11%), mentre nel 2023 è stato frenato dall’inflazione e dal clima di incertezza con un crescita "solo” dell’8%. In dieci anni l’export è cresciuto del 156%, passando da un’incidenza del 4% al 6% sul totale export agroalimentare. Ma il vino incide di più, l’8,5% sul totale dell’export di vini, mentre l’agroalimentare (vino escluso) incide per il 5,5%.

Il mercato bio italiano vede però in testa il Retail con 4.206 milioni di euro pari al 46% del totale, in ripresa: +6,7% nel 2023, mentre ha segnato il passo nei due anni precedenti.
La fetta restante va alla Ristorazione, 1.268 milioni di euro e una quota del 14%, che dopo le mille difficoltà del periodo pandemico continua la sua corsa: al trotto nel 2023 (+18%), al galoppo nei due anni precedenti (+53,2% nel 2022, +43,9% nel 2021).

Che rapporto c’è sui mercati esteri, in relazione a, tra prodotti dell’industria di marca e MDD? Si stanno creando squilibri?

Secondo i dati pubblicati sull’ultimo Focus Bio Bank - Supermercati & Specializzati, i prodotti bio a marchio del distributore in Italia sono in continua crescita e rappresentano oltre un quarto dell’offerta bio. Nelle 26 catene della Gdo censite da Bio Bank (compresa una catena di drugstore) sono infatti oltre 6mila i prodotti bio a marchio del distributore. Considerando che per ogni prodotto bio a marchio del distributore (Mdd) ne entrano sugli scaffali quasi tre con le marche dell’industria (Idm), si stima un totale di oltre 22mila referenze bio, variamente distribuite in più di 24mila punti vendita in Italia.

Non siamo a conoscenza di dati sistematici analoghi per il bio nelle MDD in altri Paesi. Ma possono aiutarci a inquadrare il fenomeno altri due aspetti correlati e concomitanti.
Il primo, come riportato da Fibl-Ifoam su The World of Organic Agriculture 2022, è che a trainare le vendite bio è sempre di più la Gdo. Nel 2020 la quota di vendite bio nei supermercati ha raggiunto il 60% in Germania, il 55% in Francia e il 56% in Italia.
Il secondo, come evidenzia l’analisi semestrale di Circana, è che i prodotti a marchio del distributore continuano a guadagnare quota di mercato a discapito dei prodotti di marca. E rappresentano ormai il 39% di tutte le vendite di generi alimentari nei sei principali mercati europei: Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi.
Quindi il bio è sempre più venduto in Gdo, la marca privata cresce a spese dell’industria di marca e nella marca privata il numero di referenze bio continua a crescere. Il piatto della bilancia più pesante è ancora quello dei prodotti dell’industria di marca, ma la marca del distributore continua la sua avanzata.

Come può l’Italia essere competitiva con il bio sui mercati esteri, posto che sulla leva prezzo rimaniamo ancora su fasce di posizionamento elevato?

Non è certo la leva prezzo il fattore competitivo per il bio made in Italy sui mercati esteri, ma sicuramente e in primis la qualità. Poi ci sono almeno altri due fattori chiave. Il primo è la lunga storia di molti prodotti alimentari freschi e trasformati legati al territorio che portano con sé l’intera immagine dell’Italia, di alcune specifiche regioni molto evocative o di alcuni luoghi unici. Caratteristica che nei vini è ancora più marcata. In una parola la tradizione, che affonda le sue radici in veri e propri giacimenti gastronomici, ma nel totale rispetto dell’ambiente e della salute. Il secondo, altrettanto potente, è l’innovazione, che nel bio esprime veri punti di eccellenza tra nuovi prodotti, e nuovi processi. Quando poi tradizione e innovazione si incontrano l’effetto è sinergico. L’agricoltura biologica, e quella biodinamica con parametri ancora più restrittivi, custodiscono e restituiscono nel migliore dei modi attraverso i prodotti agroalimentari l’immensa bellezza e varietà del nostro territorio. In tempi di crisi energetica, climatica e di territori fragili, passare al bio è l’unico investimento certo su un futuro assai incerto.