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Stefano Tellarini agronomo di agricoltura biologica della prima ora ed esperto di biodiversità. (Foto: Bio Bank/Rosa Maria Bertino)

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Grani antichi: identità e storia di un terrritorio

Intervista a Stefano Tellarini autore di “Grani e gente. Tutto quello che avreste voluto sapere sui grani antichi e sui loro uomini”

di Rosa Maria Bertino – Agricoltura – gennaio-febbraio 2018

"Grani antichi? Un treno da non perdere!”.
Non ha dubbi Stefano Tellarini, agronomo di agricoltura biologica della prima ora ed esperto di biodiversità. "Le vecchie varietà - conferma - sono ideali per le aree collinari e montane, ma anche per tutte le aree a coltura estensiva che soffrono il prezzo altalenante del grano”.
Ma cosa s’intende per grani antichi? Per rispondere a questa domanda Stefano Tellarini, forlivese di nascita e cesenate di adozione, ci ha messo dieci anni, dedicandoli a una meticolosa ricerca tra vecchi volumi, fior di colleghi e nuovi contadini. Il risultato è raccolto nel libro "Grani e gente. Tutto quello che avreste voluto sapere sui grani antichi e sui loro uomini”, edito da Silgraf di Cesena (info@stilgrafcesena.com).
"Un’opera di taglio divulgativo - racconta Tellarini - per restituire la memoria di certi grani alle loro popolazioni di origine, pagando alcuni debiti che abbiamo con le generazioni che ci hanno preceduto. Sono infatti almeno 800 le denominazioni emerse nel corso della ricerca, corrispondenti a circa 400-500 vecchie varietà locali. Ma per dirsi tali devono essere di origine nazionale autoctona, con un proprio nome locale, di antico inserimento (almeno 50 anni), con un territorio di riferimento, coltivati con continuità (almeno 25-30 anni), con una popolazione che li riconosce. Insomma sono l’eredità che abbiamo ricevuto dalle generazioni passate e sono la nostra identità”.

Quali le principali varietà per la Regione Emilia-Romagna?

"Come grani più legati al nostro territorio ho individuato Andriolo del Faentino, Cascola Rossa dei Romagnoli, Marzuolo Ferrarese e Restaiolo, per i teneri da panificazione e Poulard di Ciano per i turgidi, indicati per le zuppe. Sono vecchi grani che andrebbero assolutamente ricercati, recuperati e riprodotti, perché realmente locali e identitari. Nel frattempo altre antiche varietà stanno monopolizzando l’attenzione di agricoltori e consumatori. Come il grano tenero Gentil Rosso, coltivato da secoli in Toscana. O il grano duro Senatore Cappelli, ottenuto a Foggia nel 1915 dal grande genetista Strampelli da una selezione di grani duri nordafricani. Un grano che qui da noi è spesso coltivato nelle zone collinari perché i cinghiali non gradiscono i grani aristati. Ma in regione si coltivano anche grani relativamente giovani, come Verna, Abbondanza e Ardito, o legati ad altri territori, come la Risciola. Con una sottolineatura: i vecchi grani sono adottati soprattutto dai nuovi contadini, gli agricoltori biologici, e innescano filiere locali virtuose, anche micro”..

Quali i progetti da segnalare in Emilia-Romagna?

"Sicuramente la filiera della Val Stirone nel Parmense, nata dai fratelli Lusignani, panificatori, che ha coinvolto 10 aziende agricole, un centro di stoccaggio, un mulino, un gruppo di tecnici. Esemplare la storia di Claudio Grossi, agricoltore parmense che ha costruito faticosamente la sua filiera. Interessante il progetto dell’associazione di produttori Hesiodos in partenza a Modigliana, nella Romagna Toscana, per valorizzare le antiche varietà. E infine certamente importante il progetto Virgo, coordinato dal Prof. Giovanni Dinelli dell’Università di Bologna e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna tra il 2013 e il 2015, per sviluppare la filiera corta nelle aree colpite dal terremoto del 2012. Oggi Virgo è un marchio collettivo che riunisce agricoltori, mugnai, panificatori e cittadini e che utilizza un miscuglio di grani teneri di antica costituzione”.
Il presente e il futuro delle nostre terre profuma quindi più che mai di antico.